Direttiva UE “Case green” – il costo dell’ideologia

Il Parlamento Europeo lo scorso 12 marzo ha definitivamente approvato[1] la direttiva comunemente nota come “case green”, in realtà una rifusione[2] della precedente 2010/31/UE in materia di prestazione energetica degli edifici.

Un testo molto corposo[3], la cui approvazione è l’esito di itera legislativo e “para legislativo” non poco travagliati, e la fatica si spiega perché sostanzialmente per i proprietari di diversi paesi dell’Europa meridionale e orientale, in primis, neanche a dirlo, l’Italia, significherà lacrime, sangue e portafogli più leggero. 

La Direttiva

Secondo la Commissione Europea gli immobili in UE sono responsabili del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas “a effetto serra”; partendo da questi dati, allora, le istituzioni comunitarie hanno ritenuto necessario intervenire drasticamente, ed infatti il testo approvato si pone degli obiettivi ambiziosi (e molto costosi): ridurre, entro il 2030, del 55% le emissioni prodotte dalle abitazioni, per arrivare fino ad azzerarle entro il 2050.                                                                  Un’estenuante marcia a tappe forzate quella verso la cd. “neutralità climatica” i cui step, secondo quanto stabilito dall’Europa sono i seguenti:

 - a partire dal 2026 (tra due anni) tutti gli edifici di nuova costruzione di proprietà o gestione pubblica dovranno essere a emissioni zero;

- dal 2028 emissioni zero per tutti gli edifici di nuova costruzione anche privati e dovranno inoltre dotarsi obbligatoriamente di tecnologie solari;

- dal 2030 tutti gli edifici sul territorio dell’unione, a prescindere dalla destinazione, quindi particolarmente i residenziali (le nostre case) dovranno raggiungere la classe energetica “E”;

- a partire dal 2033 l’obiettivo per tutti gli edifici – repetita iuvat – tutti, è la classe D[4].

Se lo scopo finale sono le emissioni zero entro il 2050, a quella data presumibilmente tutti gli edifici dovranno trovarsi in classe doppia “A”, nel frattempo la quota massima di immobili in classe “G” consentita sul totale del parco immobiliare di un paese sarà il 15% (come si dirà infra, in Italia gli immobili all’interno di questa classe sono più di uno su tre, precisamente ben il 35,2% del totale[5]).

In sintesi, è facile comprendere anche da questi primi dati come nel corso dei prossimi 9 anni il mercato immobiliare italiano sarà a dir poco travolto da queste nuove normative in materia ambientale, una vera e propria rivoluzione che comprometterà il potere di disposizione e godimento delle nostre case.

Agli Stati viene lasciata libertà, com’è tipico per lo strumento della direttiva, di decidere come raggiungere questi fini[6].

Alfiere di detta misura è Ciarán Cuffe, classe 1963 (a buon diritto un cd. “boomer”) eurodeputato irlandese del gruppo dei Verdi insieme al quale ha portato avanti, durante tutta la sua lunga carriera politica, posizioni ideologiche estreme che vanno ben oltre il normale senso di responsabilità dell’uomo verso il pianeta, ma nessuna si era spinta così nel profondo delle nostre vite come questa.

Il soggetto in questione non è esattamente quello che si potrebbe definire un esponente della classe operaia; infatti, oltre ad aver condotto una lunga carriera politica, per la prima volta è stato eletto deputato al Dáil Éireann, camera bassa del parlamento irlandese, nel 2002 (dopo aver fallito un primo tentativo di elezione nel 1997), successivamente è stato ministro per l’Agricoltura, per poi approdare nel 2019 al parlamento europeo dove ha potuto dare il meglio di sé.

Bizzarro, o forse no, il fatto che egli sia il nipote, attraverso sua madre, di George Skakel fondatore della “Great Lakes Carbon Corporation”, oggi “SGL Carbon” – fatturato 2023 poco più di 1 miliardo di euro – azienda leader a livello europeo per la produzione di manifatture derivate dal carbone, e i suoi zii siano Robert ed Ethel (Skakel) Kennedy. Avrà forse pensato che imponendo a tutti noi di ristrutturare casa avrebbe lavato la sua personalissima coscienza? Difficile la risposta, ma il dato di fatto è che di certo i costi di ristrutturazione per lui non saranno uno sforzo insostenibile, per la classe media è un’altra storia, ma probabilmente non si è nemmeno posto il problema. 

La situazione italiana

L’Italia è uno dei paesi con il più alto tasso di proprietari immobiliari: secondo le stime del CENSIS[7] il 70,8% delle famiglie è proprietario dell’immobile in cui vive, mentre il 28%, dato comunque non trascurabile, ne possiede almeno un’altra. Abbiamo poi un 9% circa che abita una casa in forza di usufrutto o altro diritto minore, mentre il residuo, pari al 20% è in affitto. Si può quindi correttamente affermare che gli italiani siano un popolo di proprietari.

In termini di classi energetiche in quale situazione versano gli edifici in Italia?

- classe energetica G: 35,2%;

- classe energetica F: 24,5%;

- classe energetica E: 16,3%;

- classe energetica D: 9,9%;

- classe energetica C: 4,3%;

- classe energetica B: 2,4%;

- classe energetica A1: 2,0%;

- classe energetica A2: 1,8%;

- classe energetica A3: 1,7%;

- classe energetica A4: 2,0%.

Da questa breve tabella riassuntiva si capisce come circa il 76% degli immobili in Italia necessiterà di ingenti interventi di ristrutturazione nel corso dei prossimi 9 anni, fondendo questo dato con quello appena citato sulle proprietà immobiliari, se ne ricava che il 57% degli italiani dovrà provvedere in questo senso, ad esempio cambiando gli infissi, dotando le case di cappotti termici, sostituendo le caldaie, l’impianto idraulico, elettrico, dotarsi di fotovoltaico e via dicendo.

Quanto ci costerà l’adeguamento ai cd. “standard europei”? Secondo le proiezioni più attendibili, complessivamente circa 600 miliardi (!) di euro[8], la spesa media a proprietario sarà di circa 50 mila euro ad immobile, ma c’è chi si è spinto a stimare detti costi in 93 mila euro per gli appartamenti e 115 mila per le case indipendenti[9].

Ovviamente queste stime non tengono conto dell’aumento dei costi di manodopera e materie prime – certo nell’an, difficilmente prevedibile nel quantum – causato dall’impennata esponenziale della domanda: un qualsiasi studente che conosca le basi del funzionamento delle curve di domanda e offerta, infatti, sa che all’aumentare della domanda corrisponde un aumento dei prezzi, specialmente se ciò avviene in grandi proporzioni ed in poco tempo, basti pensare a quel che è successo con il “Superbonus110%”, che peraltro ha riguardato un numero nettamente inferiore di edifici, pari al 3,5% del totale, a fronte, come detto del 76% che dovrà subire un rinnovamento energetico in base alla nuova direttiva; ebbene gli aumenti correlati al superbonus sono stati nell’ordine di decine di punti percentuali e hanno contribuito al galoppare dell’inflazione.

I sostenitori di questo genere di imposizioni affermano che risparmieremo in bollette, grazie all’ottima efficienza delle case, c’è da chiedersi se abbiano stimato quanti anni di risparmio ci vorranno per ammortizzare il costo sofferto per la ristrutturazione, sempre che nel frattempo il povero proprietario di turno non sia morto di vecchiaia. 

Il valore della casa

Chi non riuscirà a fare fronte ai costi degli interventi edilizi necessari non avrà altra scelta che vendere la propria casa e andare in affitto, consumando così il capitale ottenuto dalla vendita.

Questo fa sorgere ben più di una domanda su quale sia la direzione politico sociale che le istituzioni dell’Unione vogliono imprimere, quale sia il vero obiettivo, posto che l’impatto ambientale che si otterrà su scala globale sarà, nella migliore delle ipotesi, trascurabile.

Nella lettura del sopra citato rapporto del CENSIS un paragrafo mi ha colpito particolarmente, e per la sua ricchezza di significato lo si riporta integralmente: 

Bene rifugio e specchio della propria identità. Secondo l’indagine realizzata dal Censis, per il 91,9% degli italiani la casa è un rifugio sicuro, soprattutto dopo l’esperienza del Covid. L’89,7% si sente tranquillizzato dal fatto di essere proprietario dell’abitazione in cui vive. Per l’83,1% la casa riflette anche la propria identità e la propria personalità. E il 54,5% vorrebbe aiutare figli o nipoti ad acquistare la prima casa, perché l’immobile di proprietà resta la pietra angolare della sicurezza economica e esistenziale”. 

Fin dai tempi più antichi la casa ha un valore che va molto al di là di quello semplicemente economico, è infatti il punto di riferimento oggettivo della famiglia, basata sui rapporti soggettivi di affectio. Si potrebbe dire che la famiglia è il contenuto e la casa è il contenitore, e questo ne fa, come meglio non si poteva esprimere, uno specchio della propria identità e personalità.

Ora, la realtà italiana è abbastanza anomala per i cd. standard europei, siamo infatti uno dei paesi con il più alto tasso di proprietà immobiliare e questo ci lega inevitabilmente ad un’identità, quella della nostra comunità nazionale, molto più forte e sentita di quanto non sia in altri paesi occidentali, dove gli effetti della globalizzazione, e dell’omologazione, sono molto più evidenti.

In un mio precedente contributo per Creature citavo Zygmunt Bauman che parlava di società liquida, in contrapposizione alla natura stessa degli immobili, che lì sono e lì rimangono.

L’attacco al concetto di casa in quanto fattore identitario, come focolare e luogo di ritrovo della famiglia, è qui molto evidente e si realizza proprio per il tramite di queste coercizioni indirette a danno dei proprietari, che si vedono sommergere da costi insostenibili e quindi, obtorto collo, costretti a vendere[10]a chi ha liquidità e grandi patrimoni, ad esempio fondi di investimento, spersonalizzati e alla mercè delle oscillazioni del mercato finanziario.

È sbagliato considerare singolarmente, e quindi pensare che non vi sia collegamento, tra i vari mutamenti sociali che i vertici, palesi o meno, della società occidentale stanno cercando di imprimere, peraltro è poco intelligente pensare, per chi abbia una visione a 360 gradi e riesca a “unire i punti”, che si tratti di cambiamenti spontanei: l’uomo per natura tende a rifugiarsi nella propria casa, a difenderla, a curarla, non ad abbandonarla.

Così si crea il consumatore perfetto, privo di identità, di punti di riferimento e anche di proprietà, che oggi è qui e domani chissà dove altro, ma pur sempre in case, in affitto, rigorosamente efficientissime dal punto di vista energetico, da raggiungere con automobili elettriche a noleggio.

[1] La posizione negoziale del Parlamento UE è stata approvata con 343 favorevoli, 216 contrari e 78 astensioni, cfr.https://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20230310IPR77228/case-green-approvata-la-posizione-del-parlamento-europeo

[2]cit. lett. da considerando n. 1.

[3] 84 considerata, 38 articoli e 10 allegati: un po’come quando le compagnie telefoniche o gli istituti bancari vi propongono prodotti e contratti di infinite pagine, che non leggerete mai e che firmate a scatola chiusa – comportamenti peraltro sanzionati dalle norme a tutela dei consumatori – dove in questo caso i consumatori sono gli stati e soprattutto gli operatori del settore immobiliare, che coinvolge moltissime professioni tecniche e giuridiche.

[4] Ricordiamo che le classi energetiche vanno dalla “G”, la meno efficiente, alla “A4”.

[5] Database SIAPE di ENEA al 31 gennaio 2022, contenente quasi 3 milioni di attestati.

[6] Art. 288 T.F.U.E. (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea): “la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi”.

[7] Cfr. “Casa: gli italiani, un popolo di proprietari” – CENSIS, 12 dicembre 2022.

[8] Cfr. PAGELLA POLITICA – “Quanto costerà davvero la direttiva case green”, di Davide Leo, 20 marzo 2024, che ha paragonato il costo di questa misura con quello del “superbonus110%” – il cui buco finanziario verrà ripagato in 150 anni, nda – e si stima che la prima sarà 5 volte più costosa del secondo.

[9] Vedi SkyTG24 – “Case green […]: quanto costerà ristrutturare?”, laddove si ipotizza anche che le persone dovranno accendere dei mutui appositamente per poter far fronte alle spese di ristrutturazione.

[10] Peraltro, così facendo è prevedibile che il valore delle case di chi invece riuscirà a tenerle diminuirà nel medio periodo, quando il mercato verrà inondato da offerta di case.

Francesco Dellagiacoma

Classe 1998, diploma di maturità classica e laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Trento. Ha svolto la pratica Notarile anticipata ed ora frequenta la Scuola Notarile Viggiani di Milano dedicandosi anche, in parallelo, alla pratica forense. Attualmente è Consigliere di Circoscrizione (n.5) del Comune di Trento.

LinkedIn: Francesco Dellagiacoma

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