Il dipinto del Sacro Cuore di Pompeo Batoni nella storia del cattolicesimo

È a chiunque ben nota l’iconografia eminentemente cattolica del Sacro Cuore di Gesù, universalmente diffusa in quasi ogni Chiesa o abitazione. Il prototipo della totalità di queste immagini è un dipinto su rame realizzato nel 1767 dal pittore lucchese Pompeo Girolamo Batoni, la cui realizzazione su richiesta dei Gesuiti si inserì nell’ambito di una complicata discussione teologica.

Quest’opera riveste un ruolo incredibilmente importante per la stessa storia della religione cattolica, circostanza insolita o addirittura unica per un’opera d’arte.

Appare dunque interessante evidenziare l’origine di tale iconografia ed i motivi, persino politici, della sua diffusione, anche considerato che nessuna iconografia cristiana è così universalmente identificata come nel caso in oggetto con un dipinto specifico.

L’iconografia del Sacro Cuore di Gesù, sebbene esistente nella storia del Cristianesimo già da alcuni secoli, trovò diffusione in seguito alle rivelazioni private ricevute tra il 1673 al 1675 nel Monastero di Paray-le-Monial, in Borgogna, dalla monaca dell’Ordine della Visitazione Santa Margherita Maria Alacoque. Tali esperienze mistiche furono descritte dalla religiosa in un’autobiografia su richiesta del direttore spirituale della medesima, il gesuita Claude de La Colombière, beatificato da Pio XI e canonizzato da Giovanni Paolo II.

Come descritto dalla Santa, nella prima visione Gesù le apparse mostrando il Santissimo Cuore ardente, circondato da una corona di spine e sormontato da una Croce, ed invitò quindi la Santa a porgerle il suo cuore e, collocatolo nel proprio costato, lo restituì ardente.

Ancorché sia fuori luogo cercare di descrivere il profondo e complesso significato teologico di queste visioni in poche righe, appare utile osservare come ciò sia immagine evidente dell’immenso amore di Gesù Cristo verso gli uomini, per i quali soffrì il supplizio della Croce. 

I Gesuiti si impegnarono sin da subito nel diffondere queste visioni, le quali assumevano altresì un rilevante significato politico. Molti autori ritengono infatti che dalla descrizione di tali visioni ad opera della Santa discendesse la sacralizzazione del potere monarchico. In ogni caso, è indubitabile che diversi sovrani europei si impegnarono significativamente per la diffusione in Europa e nelle colonie del culto del Sacro Cuore.  La Chiesa, dopo decenni di discussioni, introdusse parzialmente nella liturgia il Sacro Cuore di Gesù durante il Pontificato di Papa Clemente XIII, nel 1765.

Per tale ragione, circa due anni dopo, i Gesuiti commissionarono al più importante pittore del tempo, Pompeo Girolamo Batoni, all’epoca noto soprattutto per ritratti di nobili di tutta Europa, la realizzazione di un’opera raffigurante questa particolare iconografia, da collocare nella celeberrima Chiesa del Gesù a Roma, chiesa madre dell’Ordine dei Gesuiti. 

A richiedere la commissione fu il gesuita bolognese Domenico Maria Saverio Calvi, il quale guidò il celebre pittore nella realizzazione di quest’opera che non doveva essere soltanto un dipinto, ma la risposta intellettuale a coloro che manifestavano scetticismo verso tale iconografia, ritenendola eccessivamente caratterizzata da pietismo e misticismo. Il Settecento vide infatti opporsi alla tradizionale visione religiosa tridentina un atteggiamento illuminista di matrice razionalista che vedeva con perplessità siffatte raffigurazioni, nonostante la connessione tra cuore e anima risalisse persino al tempo di Aristotele.

Il Batoni, su richiesta del gesuita Calvi, provvedete quindi a rispettare l’incarico ricevuto attenendosi alla descrizione della visione contenuta negli scritti della Santa. Gesù Cristo porge all’osservatore il suo Santissimo Cuore ardente, circondato dalla corona di spina e sormontato dalla Croce, a simboleggiare le sofferenze che ha patito per redimere l’umanità. L’osservatore si trova in tal modo al posto della Santa, nella contemplazione della bontà di Cristo, accentuando così l’universalità del messaggio salvifico cristiano.

L’effetto dell’opera è dirompente nell’intimità del raccoglimento religioso del fedele, con ciò differenziandosi dalle importanti opere dei secoli precedenti. Nel dipinto del Batoni Gesù non è raffigurato lontano, nella sua potenza e maestosità, ma è rivolto compassionevole e misericordioso verso il fedele. Il dipinto è quindi adatto precipuamente ad un culto intimo e privato, quasi domestico, con ciò facendo emergere il periodo storico nel quale l’opera fu realizzata, nel quale iniziava a formarsi la necessità di una religiosità principalmente privata, come nell’età contemporanea. 

A livello meramente tecnico appare interessante la scelta del supporto da parte dell’esperto Batoni. Egli, come tutti i pittori del suo tempo, era ovviamente abituato a realizzare oli su tela, essendo ormai desueto da decenni l’utilizzo del rame. Tuttavia, quest’opera fu realizzata insolitamente proprio con questa tecnica, probabilmente per la consapevolezza del grande artista di poter accentuare con l’utilizzo del rame gli effetti cromatici del colore rosso del Sacro Cuore, attribuendo così al dipinto la caratteristica dolcezza che lo ha reso celebre nei secoli. 

È interessante osservare come Pompeo Batoni, caratterizzato da una profonda fede religiosa, anche su richiesta del Gesuita Calvi, realizzò successivamente altri dipinti raffiguranti il Sacro Cuore. Tra questi particolarmente importanti sono le grandi tele commissionate dalla Regina Maria I del Portogallo per la Basilica da Estrela a Lisbona. La sovrana intendeva realizzare la prima Basilica dedicata al culto del Sacro Cuore e, a tal fine, si rivolse ovviamente al grande artista autore del celebre dipinto per la Chiesa del Gesù. A dimostrazione dell’importanza che andava ad assumere il culto per il Sacro Cuore, il Pontefice Pio VI si recò personalmente presso lo studio del pittore al fine di visionare i dipinti prima che fossero inviati in Portogallo.

Nei decenni successivi il culto per il Sacro Cuore di Gesù continuò a diffondersi in tutta Europa, tanto che durante gli anni della Rivoluzione fu associato indissolubilmente alle forze conservatrici. Basti osservare che non solo i vandeani lo raffigurarono persino sulle loro bandiere, ma anche le truppe tirolesi di Andreas Hofer giurarono fedeltà al Sacro Cuore.

Tale culto si consolidò ulteriormente nel XIX secolo in seguito alla Restaurazione e fu oggetto di numerose encicliche e decreti, tanto da essere esteso a tutto il mondo cattolico durante il Pontificato di Papa Pio IX. Inoltre, nel maggio 1899, con l’Enciclica Annum Sacrum, Papa Leone XIII consacrò l’umanità al Sacro Cuore di Gesù osservando come: “Poiché il sacro Cuore è il simbolo e l’immagine trasparente dell’infinita carità di Gesù Cristo, che ci sprona a rendergli amore per amore, è quanto mai conveniente consacrarsi al suo augustissimo Cuore, che non significa altro che donarsi e unirsi a Gesù Cristo. Ogni atto di onore, di omaggio e di pietà infatti tributati al divin Cuore, in realtà è rivolto allo stesso Cristo.” 

Appare pertanto interessante osservare come tale culto, oggetto persino di visioni mistiche da parte di santi e, nonostante ciò, anche di accesi dibattiti teologici, si affermò curiosamente anche per opera di un devoto pittore, nonché della fede di monarchi e ferventi controrivoluzionari nei decenni successivi. 

Avv. Carlo Dianese

Nato nel 1996. Maturità scientifica, laureato con lode nel 2018 in Giurisprudenza all'Università di Padova, appassionato di storia, scienza ed arte. Esercita la professione di Avvocato.

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