Luci e ombre sulla crisi della Chiesa

La crisi del cattolicesimo testimonia un mondo che ha bisogno, oggi più che mai, di ritrovare il senso del proprio essere e del proprio continuare ad essere. E’ importante che ogni persona interroghi se stessa sul proprio modo di affrontare la vita. Il cambiamento di un singolo è il cambiamento di tutti.

 

Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa (Mt 13, 18)

E’ necessario mettere in luce il ruolo escatologico che la chiesa svolge in questa nostra terra. Tra cielo e terra vi è una distanza spirituale simbolicamente rappresentata dalla distanza fisica tra il suolo dove camminiamo e lo spazio siderale, a cui rivolgiamo lo sguardo. Se alziamo gli occhi al cielo, specie in una notte buia e cristallina, quando è ben visibile la miriade di stelle che adorna l’universo e che splende per dare gloria a Dio, ci meravigliamo della bellezza e della lontananza, della grandezza e della complessità di quello scorcio, di cui nostri occhi non possono ammirare che una piccola porzione alla volta, per poi dover guardare altrove. E subito ci prende la nostalgia di essere solamente passivi osservatori: vorremmo poter essere quell’immensità, possedere quella grandezza , giungere con lo schiocco della dita a quella meta lontana.

Il desiderio umano, il nostro desiderio, d’altronde, non è mai saturo, e “il  nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”, Dio. (Agostino, Conf. 1, 1.5) Finché tra terra e cielo c’è una distanza impercorribile, l’uomo, lasciato a se stesso, non può che colmare il desiderio a furia di tentativi inadeguati. A volte può funzionare, tuttavia la storia ci mostra che la pace del desiderio ha breve durata, poi ricomincia la fame.

Così il cielo scende sulla terra, per donare un scintilla della sapienza di Dio agli uomini. Gesù Cristo scende sulla terra, e crea un ponte di passaggio, tra cielo e terra che si chiama Chiesa, sua creazione e suo dono, “infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo”. (Timoteo 1, 2-5). La chiesa indica una strada, una meta adeguata alla capacità del desiderio umano.  Da questo punto di vista essa è uno spazio spirituale prima ancora che un insieme coordinato di uomini. Dal punto di vista operativo, invece, essa è promulgatrice di una serie di valori e azioni, di un comportamento, di un modo di pensare che è la cifra stessa della felicità umana. La chiesa, dono di Dio per mezzo di Gesù, è la via alla felicità, è la promessa della realizzazione della natura autentica dell’uomo. Essa è insieme divina e umana, ispirata dallo Spirito e agita da uomini.

Il ruolo della chiesa è quindi far trionfare Dio – felicità nel mondo, nel cuore degli uomini, e quindi, in ultima istanza, condurre le anime alla salvezza. Insomma la chiesa ha unicamente e peculiarmente la funzione di una guida spirituale, che trova la sua più vivida istanziazione nella figura del Santo Padre. 

E le porte degli inferi non prevaranno su di essa (Mt 13, 19)

E’ un dato di fatto che ai giorni nostri la chiesa stia affrontando delle difficoltà oggettive. Non mi dilungherò a esplicitare gli scandali, i malintesi, le interpretazioni di parole e fatti che concorrono a mettere in cattiva luce l’istituzione cattolica. Piuttosto voglio soffermarmi sul ruolo che essa sta acquisendo ai nostri giorni, rispetto al ruolo che abbiamo precedentemente messo in luce. Molti sostengono che l’inizio della crisi della chiesa cattolica abbia una precisa collocazione temporale, coincidente con la fine del concilio vaticano II. Secondo tali sostenitori per dirla grossolanamente, le misure rivoluzionarie del concilio avrebbero fatto perdere l’autorevolezza della chiesa. Si può essere d’accordo o meno con tale tesi, tuttavia non si può sicuramente imputare tutto quello che stiamo vivendo oggi solamente alle misure attuate dal concilio. Voglio sinteticamente prendere in esame tre fenomeni mondani che penso abbiano a che fare con le difficoltà odierne della chiesa.

Materialismo storico

La diffusione del materialismo storico è una delle conseguenze del tramonto della metafisica classica. Non voglio fare uno spezzone accademico dell’itinerario storico e teoretico che ha condotto alla realizzazione di questo pensiero, mi limito semplicemente ad affermare che la diffusione di un pensiero materialista implica la riduzione dello spazio di soddisfazione del desiderio umano, che viene esautorato semplicemente dalla dimensione mondana – materiale. Tuttavia la materia, non è adeguata alla forma del desiderio, in quanto per definizione essa non è la cifra dell’infinito. Il destino dell’uomo è preso in carico dall’uomo stesso e dalla storia; non vi è più relazione tra la realizzazione materiale e quella spirituale nel senso cristiano del termine. Laddove non vi è dimensione spirituale, i pensieri e le idee non sono possono essere ispirate dallo spirito, né tantomeno dallo spirito dia-bolico, nemico dell’uomo. Il primo modo che il diavolo ha per operare nel mondo i suoi progetti è insinuare l’idea che lui non esista, permettendogli di agire indisturbato, perché non rilevare la vera causa di idee e comportamenti significa non conoscerne l’essenza e il fine. In un orizzonte di pensiero in cui l’unica realtà è quella mondana, il desiderio non può che dilatarsi verso ed entro l’orizzonte della mera plasmabilità della materia. Non riuscendo mai a soddisfare se stesso esso si trasforma in follia: manifestazione di tale follia sono tutti i valori che veicolano un pensiero che rompe i paletti della biologia e della natura; l’idea per esempio che sia l’uomo a poter scegliere il proprio sesso. Laddove viene a mancare lo spirituale la chiesa non ha più nessun ruolo, ci pensa la politica alla felicità dei cittadini.

Pensiero debole o relativismo

L’idea che non esista una verità unica, o che se esiste essa non possa essere conosciuta indica il difensore dell’unica verità come un presuntuoso o nel peggiore dei casi addirittura un prepotente. Il relativismo implica la tolleranza verso l’errore perché per definizione la verità è una, non ci possono essere più verità. Oggi molto spesso non si riesce a restituire il valore di verità più nemmeno ai fatti. Dimostrazione ne è che si moltiplicano le interpretazioni di accadimenti importanti come per esempio l’11 settembre, o l’uccisione di J.F. Kennedy, emergono teorie del complotto, viene messa in dubbio la versione ufficiale. La confusione si moltiplica e la chiesa, in un clima di questo tipo non è più unita e compatta nell’indicare delle soluzioni ai problemi dell’esistente. I sacerdoti hanno le loro proprie opinioni anche per quel che riguarda i fondamentali della dottrina cattolica. Ne parlava anche Giovanni Paolo II nell’Angelus del 19 giugno 1994.

Crisi del lavoro

Il lavoro è veicolo di senso. Nel lavoro l’essere umano esplicita le sue potenzialità in vista di uno scopo. Creare è la più potente occasione per l’uomo di impiegare quell’energia che si chiama amore per partecipare alla costruzione del mondo. Ancora, nel lavoro l’uomo si fa collaboratore di Dio nel suo progetto originario.

Oggi è cristallino che il fine ultimo del lavoro è il denaro. Esso non è più considerato un mezzo di scambio ma un luogo dove il desiderio umano può protendersi all’infinito. D’altronde, come già accennavamo prima, laddove il desiderio non ha uno sbocco ultramondano, esso si riversa nei luoghi simbolici della mondanità.

La distanza tra il prodotto finale del lavoro e il lavoro stesso è diventata sempre più grande, si sono moltiplicate le figure professionali, la società è in un processo di progressiva complessificazione, dove sfuma sempre di più, se non in alcuni ambiti benedetti, la figura del lavoratore protagonista, ed emerge invece l’idea di un lavoratore ingranaggio.

Laddove la leva motivazionale al lavoro è il denaro, o nel migliore dei casi, la propria realizzazione personale, ogni cuore d’uomo è sempre meno orientato all’ascolto della propria voce interiore che ne indica la missione e il ruolo. Una mente orientata così è di certo meno propensa all’ascolto della parola e all’obbedienza allo spirito.  

Sebbene questi tre punti siano una parzialità della situazione che oggi il cattolicesimo si trova ad affrontare, li trovo particolarmente paradigmatici del modo di pensare dell’uomo contemporaneo. Essi descrivono una situazione avversa alla crescita dei semi di sapienza e amore che la chiesa dovrebbe spargere nel mondo.

Tuttavia per quanto queste cause concorrano a distruggere il terreno fertile, il fatto che esistano ancora persone che frequentano le chiese e che pregano, testimonia che lo spirito di Dio continua, seppur umilmente a operare nel mondo e a edificare nuovi orizzonti di salvezza. Spero di aver in parte fatto intendere che la genesi della crisi sia dovuta proprio allo sbilanciamento incredibile tra mondano e spirituale. La causa del decadimento del mondo, in altre parole, è dovuta proprio a una peculiarità dell’uomo: la trascendentalità del suo desiderio. Se esso non trova un fine adeguato alla sua ricerca, si protende verso ciò che non può soddisfarlo, deformandolo. Sembra che la più genuina soluzione, sia il ritorno ad una fede autentica nella esistenza di una dimensione altra oltre l’esperienza. Forse che la chiesa, può tornare o tornerà a giocare un ruolo fondamentale in un tempo in cui l’uomo, ormai stanco di dilatare all’infinito il suo dominio sull’esistente, tornerà a cercare sinceramente la fonte della felicità? 

Giulio Breda

Classe 1996, dopo la maturità scientifica si iscrive alla facoltà di filosofia di Venezia dove consegue dapprima la laurea triennale con una tesi sulla libertà in Henry Bergson, e conseguentemente la laurea magistrale con una tesi sulla metafisica in Agostino D’Ippona. Appassionato di metafisica, teologia e saggistica, per Creature scrive saggi che mirano a suscitare una riflessione etica sugli accadimenti che interessano il tempo presente.

LinkedIn: Giulio Breda

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Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede.

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Verità e relativismo: crisi dell’oggettività nella società contemporanea