La direzione del mercato immobiliare italiano alla luce delle novità introdotte in materia di tassazione dei cd. “affitti brevi”

 

Recentemente la “finanziaria” 2024 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 – Legge 30 dicembre 2023, n. 213) ha portato un aumento dell’imposizione sui cd. “affitti brevi” (o anche “affitti turistici”), per effetto del quale l’aliquota della cedolare secca è passata dal 21 al 26%.

Sono sempre più i proprietari che scelgono di destinare i loro immobili alle locazioni turistiche e l’impatto che questa misura (di natura tributaria e statale, diversamente da quelle adottate da singole amministrazioni locali, come nel caso del Comune di Firenze[1]) può avere, impone una più ampia riflessione sullo stato del mercato immobiliare italiano, che sta vivendo (rectius subendo?) numerosi scossoni, causati e dalle istituzioni Europee – pensiamo al divieto, dal 2033, di vendita o affitto per case con classe energetica inferiore alla “D”, cioè il 74% degli immobili presenti sul nostro territorio nazionale; e dal legislatore nazionale – il bonus “110%”, il cui buco finanziario sarà coperto non prima di 150 anni; o anche dal basso, dalla stessa popolazione – le proteste degli studenti fuorisede contro il caro stanze.

 

Lo Stato dell’arte

 

Fino al suddetto aumento i proprietari che decidevano di locare i propri immobili con la formula degli “affitti brevi” potevano beneficiare del regime sostitutivo dell’IRPEF[2] comunemente chiamato “cedolare secca” – la cui aliquota era fissata al 21%, al pari a quanto avveniva, ed ancora avviene, per gli affitti di lungo periodo (salvo agevolazioni per le locazioni a natura transitoria che rispettino i limiti localmente definiti del canone concordato).

È opportuno chiarire alcuni concetti, al fine di comprendere al meglio il valore anche politico della misura, che forse non ci si aspettava da questa maggioranza.

È lo stesso D.L. n. 50/2017[3] che ci definisce cosa siano gli affitti brevi: “un contratto di locazione di immobile ad uso abitativo, di durata non superiore a 30 giorni, stipulato da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa. Dal 2021 l’applicabilità è prevista solo se nell’anno si destinano a questa finalità al massimo quattro appartamenti; oltre tale soglia, l’attività, da chiunque esercitata si considera svolta in forma imprenditoriale”.

La norma fissa quindi dei limiti, in base ai quali possono optare per la cedolare secca:

- persone fisiche, con esclusione quindi di società immobiliari o qualsivoglia altra persona giuridica, riconosciuta o no, sia dal lato del locatore che del conduttore (non è sufficiente che colui che affitta sia persona fisica, dovendo esserlo anche l’altro contraente);

- i contratti produttivi di reddito non devono avere durata superiore ai 30 giorni;

- a partire dal 2021 non è possibile, per ciascuna persona, locare con questa formula un numero superiore di quattro immobili.

Non essendo rispettati questi vincoli, la norma stabilisce quale effetto l’attrazione delle entrate così prodotte all’interno del reddito d’impresa, con conseguente applicazione dell’IRPEF e della relativa aliquota in base allo scaglione reddituale in cui rientra il contribuente[4], tendenzialmente più svantaggioso[5].

Spesso nell’immaginario collettivo, e la narrazione giornalistica contribuisce in questo senso[6], grandi gruppi immobiliari, proprietari di numerosissime unità i cui dirigenti non sanno nemmeno dove siano effettivamente localizzate, condizionano il mercato, segnatamente spingendo i prezzi a rialzo, per lucrare sull’altissima domanda di alloggi a destinazione turistica, sottraendo offerta alle locazioni abitative di lungo periodo (studenti fuorisede e famiglie).

La realtà, tuttavia, è qualcosa di un po’diverso e come spesso accade, è più complessa di quel che si vuol far credere.

Se da un lato è vero che grandi gruppi e fondi hanno scelto il nostro Paese, stante la sua forte attrattività turistica, il limite quantitativo, innanzitutto, dei quattro appartamenti a persona, ci fa comprendere che, nel caso dell’aumento qui considerato[7], siamo di fronte a piccoli proprietari, persone comuni, risparmiatori, che hanno avuto la capacità di mettere da parte le somme sufficienti per questo genere d’investimento[8].

Nulla cambia dunque per i “pesci grossi”, a fare le spese è come sempre la classe media. Forse dalla maggioranza di governo ci sarebbe aspettati maggiore considerazione di questi aspetti.

Sicuramente nelle città ad alto afflusso turistico la crescita esponenziale di questo fenomeno sta comportando conseguenze prevedibili, in particolare, riprendendo quanto accennato prima, la sottrazione di offerta sul mercato degli affitti di lungo periodo ne spinge inevitabilmente in alto i prezzi[9], rendendo difficilmente accessibile – combinando questo dato con la stagnazione dei salari – l’affitto di appartamenti specialmente nei centri città[10], ma è altrettanto sicuro che in Italia, quando si interviene per arginare un fenomeno, lo si fa sempre mortificando la proprietà.

 

Proprietà è libertà

 

La casa, il mattone, siamo sempre stati abituati a percepirlo come fonte di sicurezza, economica ma anche umana, possiamo dire che sia ancora così? L’immobiliare è ancora un investimento sicuro? La casa è ancora per la vita?

Zygmunt Bauman parlava di “società liquida” per descrivere la contemporaneità. Non posso non notare che il concetto di società liquida è l’esatta antitesi del concetto di casa, di immobile. Ciò che è immobile c’è e sempre ci sarà, questo dà sicurezza alle persone, ciò che è liquido oggi è qui, domani chi lo sa (ieri era altrove).

Va detto che l’Italia è stata finora abbastanza impermeabile alla “liquefazione” sociale che il resto d’Europa sta vivendo molto più velocemente, ed è anche il Paese del continente con il più alto tasso di proprietari immobiliari, correlation is not causation, ma sicuramente è un fatto.

La proprietà, si sa, è il diritto di godere e disporre pienamente della cosa, questo significa che se io sono proprietario di un immobile, nei limiti di ciò che è lecito posso, o meglio, dovrei poter fare ciò che voglio; tuttavia, si stanno moltiplicando negli ultimi anni i divieti, le restrizioni, le limitazioni, che impediscono o disincentivano i proprietari di casa determinati comportamenti, compromettendo il significato del pieno potere di disposizione.

Il legislatore, quando si tratta di intervenire sulla proprietà, sempre in senso peggiorativo, lo fa in due modi: direttamente, imponendo dei veri e propri divieti o vincoli, di natura civilistica, oppure indirettamente, attraverso l’aumento delle imposte[11].

Un esempio della prima categoria di interventi pubblici sono le certificazioni energetiche, di matrice europea: dal 2033 non si potrà cedere in proprietà o in locazione un immobile che non rientri almeno in classe energetica “D”. Più del 70% degli immobili in Italia ne sono al di fuori. Cosa succederà di qui a pochi anni? Non serve avere la palla di vetro per capire che molte persone, che non avranno la liquidità per sostenere decine di migliaia di euro di costi di risanamento, saranno portate a vendere le proprie case. Questo avrà due effetti: 1) l’aumento della domanda di manodopera e materiali edili, che ne farà schizzare i prezzi, un po’ come già avvenuto con il bonus 110% e 2) l’aumento dell’offerta di immobili sul mercato ne farà calare significativamente i prezzi, e quindi il valore! Le nostre case avranno bisogno di manutenzione costosa e nel medio periodo varranno di meno.

Di sicuro non saranno le persone comuni, quelle che hanno comprato o ereditato una casa a beneficiarne.

Merita attenzione anche un’ulteriore misura, non ancora realizzata, ma “dall’Europa” (e dalla sinistra[12]) a più riprese richiesta: la riforma del catasto. Viene sostenuta come una forma di lotta all’abusivismo, stride tuttavia che la regione più colpita dalla rivalutazione sarebbe il Trentino-Alto Adige[13], che è anche la regione con il minor tasso di immobili abusivi[14]. Si scrive “riforma del catasto”, si legge “revisione delle rendite”[15]. L’obiettivo sempre lo stesso: gettito.

 

Quest’ultimo intervento quindi è un tassello, di un disegno più grande, che colpisce la proprietà della casa per portare anche l’Italia in linea con gli standard europei – in Germania in proporzione i proprietari di casa sono meno della metà che in Italia; è un messaggio che lo Stato dà agli individui, che si potrebbe così sintetizzare: laddove si trova spazio per una fonte reddituale sicura[16] e proficua, ecco che il potere pubblico arriva con la sua presenza soverchiante a frustrare, quando non a svuotare, le aspettative della classe media.

 

 



[1] Ordinanza di blocco degli affitti brevi, per cui pende giudizio di fronte al TAR Toscana e che in sede cautelare, il mese scorso ha negato la sospensiva della stessa.

[2] Nel nostro ordinamento l’IRPEF è un’imposta fortemente derogata attraverso numerosi meccanismi di sostituzione, di cui la cedolare secca è uno, ma pensiamo anche al regime forfettario al 15% (5% per i primi 5 anni se il contribuente è under 36), introdotto nel 2018, per le P.IVA. il cui fatturato non supera gli 85mila euro annui.

[3]Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo”.

[4] Gli scaglioni IRPEF hanno recentemente subito più interventi, tutti tesi a ridurre il numero di scaglioni, con l’obiettivo di avvicinarsi sempre più al regime della cd. “flat tax”, o dell’unico scaglione. Ad oggi gli scaglioni sono 3: fino a 28mila Euro – 23%, da 28mila a 50mila Euro – 35%, oltre i 50 mila Euro – 43%.

[5] È bene ricordare che la cedolare secca è un’opzione, non un meccanismo automatico, che ha anche, per così dire, dei rovesci di medaglia, come il non poter utilizzare deduzioni né detrazioni.

[6] https://www.iene.mediaset.it/video/quando-il-turismo-rende-difficile-trovare-casa_1254083.shtml

[7] L’aumento in particolare riguarda il secondo appartamento così destinato, o ulteriori; pertanto, il primo rimane soggetto all’aliquota del 21%.

[8] Sostenendo anche spesso ingenti costi di ristrutturazione e adeguamento alle nuove normative in materia di sicurezza degli impianti, certificazione energetica, ecc (ndr), cfr. D’Elia Rosy – “affitti brevi o turistici: nuove regole e sanzioni anche per gli standard di sicurezza”, in Informazionefiscale.it

[9] Posto che dell’aumento dei prezzi gli affitti turistici sono un fattore, non la sola causa, pensiamo anche all’inflazione che stiamo vivendo da due anni a questa parte, o l’aumento delle imposte e delle bollette.

[10] È anche vero, tuttavia, che l’Italia è uno dei paesi con la maggior presenza, in percentuale di proprietari di case – vedi CONFEDILIZIA, rapporto per il Piano Casa, 2024 – circa il 77% della popolazione vive in casa di proprietà.

[11] Utilizzate in questo senso si configurano come dei veri e propri “mezzi di coercizione indiretta”.

[12] Oltre alla patrimoniale, nelle sue varie forme, che occuperebbe un capitolo a parte.

[13] Aumento medio in Italia ai fini IMU: 128%, aumento medio ai fini IMU nella città di Trento: 189%.

[14] Grazie al doppio controllo di legalità che esiste nei trasferimenti immobiliari: Notaio e Giudice, garantito dal sistema tavolare.

[15] L’aggiornamento peraltro è già stato richiesto a chi ha beneficiato del bonus 110%, con una norma di dubbia legittimità costituzionale: prima lo Stato ha fortemente incentivato l’utilizzo di quest’agevolazione fiscale, e poi colpisce questi stessi immobili con l’aumento delle imposte.

[16] trattandosi di affitti che non superano i 30gg, i proprietari sono maggiormente tutelati dalla morosità degli inquilini, e, quand’anche essa vi fosse ugualmente, sarebbe sicuramente per importi inferiori che per intere mensilità non versate sul lungo periodo (minor impatto quantitativo).

Francesco Dellagiacoma

Classe 1998, diploma di maturità classica e laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Trento. Ha svolto la pratica Notarile anticipata ed ora frequenta la Scuola Notarile Viggiani di Milano dedicandosi anche, in parallelo, alla pratica forense. Attualmente è Consigliere di Circoscrizione (n.5) del Comune di Trento.

LinkedIn: Francesco Dellagiacoma

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