Femminicidio: prospettive umane oltre la condanna.
I recenti fatti di cronaca nera che hanno riempito le pagine dei giornali, monopolizzato le trasmissioni televisive e bombardato di commenti i social, questa volta sono giunti anche alla mia attenzione, e mi hanno distratto per un periodo di tempo sufficiente a mettere insieme dei pensieri sensati e individuare una chiave di lettura personale sull'accaduto. È soprattutto la grande mole di commenti sui social che mi interrogano in modo particolare: le opinioni della gente fanno emergere una visione manicheista della realtà, quasi assolutista e confermano una "Weltanschauung" tendenzialmente polarizzante e divisiva.
Sui fatti, ormai, l'opinione pubblica, o almeno quello che dell'opinione pubblica emerge sui canali di comunicazione, chiede di schierarsi contro il nemico che di volta in volta emerge come causa efficiente dell'accaduto, pena l'essere nemici a nostra volta.
Quello che colpisce il mio immaginario da studioso di etica cristiana, è la totale condanna della posizione contraria a quella generalmente considerata giusta e che intepreta i fatti in un’ottica solamente umana o, per meglio dire, mondana.
La tendenza generale del nostro tempo, è quella di allontanare la vita reale dalla sua componente spirituale, e circoscrivere i fatti alla mera dimensione dell'esperienza, slegandoli dal loro rapporto con l'assoluto. È chiaro che una prospettiva siffatta offre, dal punto di vista di una metafisica cristiana, una visione parziale dei fatti.
A tal proposito risulta particolarmente prezioso il contributo del pensiero agostiniano, che, in modo più sistematico prima di altri pensatori, è intervenuto a denunciare la parzialità di una visione meramente intramondana della vita.
L'esperienza è indissolubilmente legata alla sfera spirituale e consiste in forza di essa e a partire da essa. I fatti allora vanno compresi all'interno di un orizzonte più ampio, in cui la dimensione dell'esperienza non esaurisce la totalità dell'essere, ma al contrario, dipende da essa.
La tendenza ad assolutizzare il fatto, l'accaduto, e a leggerlo come un problema di natura scientifica (dove per scienza intendo grezzamente tutte le discipline umane che si promettono di risolvere problemi come, per esempio, la psicologia, l'economia, la politica etc.…) è il risultato di un pensiero che, almeno da Kant in poi, ha dimenticato questo legame originario.
L’invito del pensiero di Agostino è di allargare l'orizzonte, di cercare al di là di quello che può essere immediatamente disponibile sotto il profilo materiale o intellettuale, di passare dalla dimensione psichica a quella spirituale, perché laddove l'uomo psichico giudica, l'uomo spirituale comprende, laddove l'uomo psichico condanna, quello spirituale perdona, laddove il primo vede il male, il secondo scorge una possibilità di bene.
Questo pensiero mondanista ha pervaso le menti anche di molti cattolici, con il risultato di ridurre spesso la fede ad un laico umanesimo scialbo e buonista. Se la carità e l'aiuto ai poveri che tanto vanno di moda nelle prediche cattoliche, non testimoniano il Volto, il Mandante, la Verità, che disvela l'orizzonte dell'eternità, allora che cosa può ancora offrire la fede cristiana al mondo odierno?
In questo senso il contributo più importante di Agostino, al di là dei tecnicismi del suo pensiero, è quello di aver testimoniato che di assoluto non vi è nulla se non l'Assoluto, che neanche il male è assoluto, che l'esperienza è nelle mani dell'Assoluto, e che quindi nulla e nessuno è definitivamente condannabile in questo mondo. Ecco allora l'invito a ripensare alla dimensione spirituale, nei suoi aspetti buoni e in quelli diabolici, a integrarla come componente delle spiegazioni degli accadimenti, perché se l'unico spazio di azione e di spiegazione è quello mondano, allora il nemico rimane unicamente l'uomo e la condanna è l'unica soluzione umanamente pensabile.