Il corpo come vestigia di sacralità
"L'uomo moderno non riesce più a visualizzare i riflessi degli archetipi divini nella geografia del suo corpo, nemmeno nella sua vita, meno che mai nel mondo circostante. La sua relazione con linguaggio del proprio corpo è assurda (ab-surdus), segnata da una sordità intima nei suoi confronti. Per essere sentito, il corpo lancia sintomi: dolori, difficoltà digestive, problemi respiratori, cadute. Esso manifesta in qualche modo la situazione di rischio, di transitorietà. Nelle sue disfunzioni e malattie esso ci ricorda che etimologicamente viene dal latino (corpus, cf in inglese “corpse”) e significa cadavere, rifiuto. Come troviamo negli aforismi di Jaques Lacan, la vita è l'insieme di forze che si oppongono alla risoluzione del corpo in cadavere. L'uomo insensibile, tagliato fuori dalla sua interiorità, incapace di ascoltare il suo essere profondo o di entrare in contatto con la ricchezza della sua totalità ontologica, viene trascinato alla ricerca di spiegazioni esteriori per difficoltà e ostacoli che sperimenta dentro di sé. La tradizione mistica dell'ebraismo e del cristianesimo vede l'uomo come unità, invita a sperimentarlo come unità, più ancora, a trovarlo come unità, senza dualismi di sorta."
La prima volta che entrai in contatto con un pensiero analogo fu nell'ormai lontano 2018, quando alcuni amici mi regalarono l'ingresso ad un corso sul rapporto tra spirito, anima e corpo, tra la cui bibliografia trovai questo libro di Evaristo Eduardo de Miranda, "Corpo territorio del sacro".
Il corso mi lasciò positivamente stupito e allo stesso tempo molto perplesso: non sapevo se credere a quello che avevo ascoltato, mai sentito da nessun'altra parte, oppure categorizzare il tutto come sciocchezza. Il seme del dubbio aveva però aperto nuovi orizzonti di indagine e mi aveva persuaso a cercare risposte raccogliendo informazioni dove potevo. Questo libro fu uno strumento a tal proposito.
Non ho intenzione di fare una descrizione dei contenuti del libro, poiché la citazione che ho scelto vuole già essere un protrettico alla sua lettura, e perché non voglio divulgare nulla che rischi di dare al lettore la presunzione di poter classificare in anteprima il contenuto del libro. Il cammino che si intraprende con questa lettura, infatti, è affluente ad una strada ancora perlopiù inesplorata, che apre prospettive di studio anche nell'ambito medico e scientifico.
Mi limito semplicemente a dire che pur nella semplicità della sua stesura, il libro fa emergere in modo a tratti commovente tutta la complessità e la meraviglia che l'essere umano è, e la precisione millimetrica con il quale è stato pensato. L'autore in questo modo dà uno schiaffo a tutte quelle filosofie che in modo disincantato descrivono il mondo e la vita come un meccanismo, senza lasciare spazio all'irriducibile iato tra il conosciuto e il vero, che è colmato dal mistero.
Ecco che il corpo viene completamente rivalutato: non più trattato come un sistema, ovvero come un aggregato di parti separate dal tutto, esso diventa organismo, in cui le parti sono in stretta correlazione e vibrano all'unisono e dove ogni organo non svolge semplicemente una funzione organica, ma assume anche un significato simbolico, perché riflette lo stato spirituale della persona.
Risuona qui in tutta la sua potenza l'aforisma Nietzschano "c'è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore sapienza" e il testo riveste il ruolo di sintesi tra la prospettiva d'indagine occidentale, che indaga l'oggetto isolandolo e penetrandolo nella sua forma, e quella orientale, che invece cerca di comprenderlo nella sua integralità decifrandone le diverse sfumature e mettendolo in relazione all'altro da sé.
Non volendo aggiungere altro che rischi di pregiudicare la fruizione del libro, auguro buona lettura!